Ecco un nostro contributo uscito oggi su l’Extraterrestre, settimanale ecologista de il Manifesto
In questi giorni di riposo forzato abbiamo approfittato per prenderci del tempo utile alla riflessione allo studio e alla scrittura. Siamo giardinieri ed arboricoltori, lavoriamo principalmente nei contesti urbani romani. Lo studio dei sistemi naturali è per noi la bussola fondamentale per l’agire quotidiano.
Il nostro cruccio maggiore è quello di dover affrontare il tema del verde e della sua cura quasi sempre partendo dal concetto di disservizi piuttosto che da quello, ben più evidente, dei servizi che lo stesso produce. Un ramo che invade la proprietà, un prato incolto, radici che sollevano strade, un albero pericoloso, la siepe troppo cresciuta. Il verde è forse un pericolo cui sedicenti giardinieri devono continuamente tener testa? Pulire ridurre abbattere? A questo si riduce una professione tanto ricca di conoscenze teoriche e spirito pratico?
Il tema, il verde e suoi fastidiosi oneri, è quanto mai serio e profondamente radicato negli abiti mentali del corpus cittadino. Vale la pena aggredirlo e sfatare un bel po’ di miti che proprio non fanno bene alle città in cui viviamo.
Il verde urbano nelle sue varie forme (arborea, arbustiva, erbacea) offre una estesa gamma di servizi ecosistemici che val la pena di accennare: produzione agricola urbana; supporto per gli insetti impollinatori, per gli uccelli, per i detrivori e per tutti gli organismi utili al mantenimento della fertilità dei suoli; regolazione clima locale; parziale attenuazione degli effetti del cambiamento climatico su scala locale; mitigazione estremi termici ed eventi meteorici estremi; cattura carbonio; rimozione ozono, biossido di zolfo, biossido di azoto, monossido di carbonio, particolati; riduzione inquinamento acustico; rimozione inquinanti nel suolo; supporto al ciclo del carbonio e dell’azoto; riduzione erosione dei suoli e regolazione flussi idrici; intercettazione acque piovane; valore artistico sociale ricreativo…
Quantità e qualità di tali servizi dovrebbero convincere ogni cittadino, amministratore, proprietario, imprenditore a far sì che il verde nelle sue varie forme circondi ogni spazio urbano.
L’occasione rende l’uomo saggio. Dalle crisi nascono grandi opportunità. Se crediamo a queste parole, al significato più profondo della relazione dell’uomo con l’ambiente, alla lezione che lo studio dei sistemi naturali (e delle sue interconnessioni) ci consegna dobbiamo cambiare radicalmente modo di occuparci del verde in città. Sperimentare, osare, attendere con pazienza le suggestioni che le specie e il loro libero consociarci possono suggerirci. Liberarci dalle strette visioni del giardino-ad-una-dimensione: il giardino pulito asettico anti-ecologico. Al contrario, abbiamo bisogno di tuffarci nelle pratiche della solidarietà interspecifica, di quella che Donna Haraway chiama giustizia sperimentale.
Formuliamo qui alcune proposte concrete che guideranno la nostra ricerca nei giorni che seguiranno la fine dell’epidemia, alla ripresa della nostra attività lavorativa. Nel farlo seguiremo la traccia dei servizi ecosistemici che sopra abbiamo elencato dividendo la nostra area di interventi in quattro grandi aree: orti urbani; gestione progettazione e cura delle aree a prato naturale nei contesti privati e pubblici; gestione progettazione e cura degli alberi e arbusti nei contesti privati e pubblici; verde pensile. Lo faremo calati come siamo nella realtà territoriale romana, dove gli aspetti critici sono ancora molti e da risolvere, crediamo, con grande urgenza.
Orti urbani
L’espansione delle aree agricole al di fuori dei contesti urbani ha prodotto storicamente nell’agricoltura alcune e significative criticità. La propensione a creare monoculture intensive, l’uso scriteriato di fertilizzanti NPK e insetticidi responsabili della spirale di perdita fertilità dei suoli e della tragica sparizione degli insetti, l’alterazione del ciclo dell’acqua, l’aumento dell’erosione dei suoli. In una parola il deserto agricolo. L’Italia nella sua peculiarità geografica e culturale ha visto tuttavia crescere negli anni una diffusa sensibilità per un modo di fare agricoltura differente, attento ai contesti locali, alla biodiversità, agli aspetti sociali, alla qualità del cibo. È auspicabile che le esperienze diffuse sui territori nel prossimo futuro aumentino il loro raggio di azione. Gli orti urbani da questo punto di vista rappresentano uno snodo culturale fondamentale. La questione è molto semplice e intimamente intrecciata con tutti gli altri aspetti di cura e gestione del verde in città. Nella progettazione di nuovi spazi verdi, giardini, tetti verdi è di fondamentale importanza trovare una giusta dimensione all’orto, la cui progettazione cura e mantenimento oltre a fornire buon cibo può rappresentare una grande fonte di lavoro e socialità. Il tutto, auspicabilmente, in contesti meno inquinati di oggi, con la riduzione drastica del traffico veicolare. Per ogni giardino un orto. Per ogni parco di medie a grandi dimensioni una zona coltivata ad orto e frutteto. Si può fare.
Gestione progettazione e cura aree a prato nei contesti privati e pubblici
Dagli anni ottanta in poi i prati hanno subito in Italia una tragica moda. Quella del cosiddetto “prato inglese” o tappeto erboso che dir si voglia. L’approccio, di origine culturale nordamericana, prevede la fornitura di sementi o di prati a rotoli di miscugli selezionati che si riducono a pochissime specie. Il risultato è un tappeto verde senza fioriture che produce una quantità di costi e sprechi idrici incomprensibili. Con durata limitata e condizionata all’utilizzo di fitofarmaci selettivi per il contenimento delle specie considerate infestanti. Il sistema non funziona, riduce drammaticamente la biodiversità e tutti i servizi eco-sistemici che un prato naturale è in grado di fornire. Per questo, per il nostro approccio etico-professionale, caldeggiamo l’utilizzo e il mantenimento di un prato naturale ad alta funzionalità ecologica. È possibile differenziare all’interno di un giardino di medie/grandi dimensioni alcune aree a taglio (mulching) frequente con altre da lasciare “incolte” con 1-2 tagli annui. I risultati possono essere straordinari in termini di ornamentalità e funzioni ecologiche. Fioriture straordinarie da mappare anno dopo anno permetteranno di goderne la bellezza primaverile mantenendo al contempo delle aree fruibili. Le successioni vegetazionali guideranno le scelte. La necessità di irrigazione sarà quindi limitata, elemento questo assai importante considerando anche l’assurda abitudine di irrigare con acqua potabile. Negli ambiti più piccoli, giardini di piccole dimensioni, si possono profilare almeno due alternative al tragico prato inglese. Una gestione a prato naturale con tagli mulching frequenti con la contestuale messa a dimora di piccoli arbusti e piante erbacee dalle gradevoli fioriture. Questo permetterà di spostare l’accento ornamentale sugli arbusti, riducendo anche in questo caso l’irrigazione nonché i trattamenti necessari. Peraltro, anche nel periodo più secco il contrasto tra le trame fogliari degli arbusti e il prato “secco” non sarà più un problema, rendendo l’ambiente armonioso. In alternativa, sempre col medesimo approccio, sarà possibile mettere a dimora alcune specie erbacee a ridottissime esigenze idriche, la Lippia nodiflora su tutte, un “prato” calpestabile fiorito molto interessante. Si consiglia questo tipo di scelta per aree più piccole consociando sempre con arbusti.
Per quel che riguarda il verde pubbico, le aree a prato possono essere gestite con indubbio vantaggio economico lasciando una parte fruibile al passeggio con taglio frequente e altre zone prossime e protette ad “incolto” come descritto più sopra. I vantaggi sarebbero innegabili.
Gestione progettazione e cura degli alberi e degli arbusti nei contesti privati e pubblici
Il patrimonio verde della città di Roma rischia una pericolosa regressione. Il Pinus pinea è attaccato da qualche anno da un pericoloso insetto, Toumeyella parvicornis che ne minaccia fortemente la sopravvivenza. Tagli drastici, scarsa conoscenza delle caratteristiche botaniche e fisiologiche, mancanza di lungimirante progettazione possono essere un grave pericolo per il mantenimento della biodiversità nei parchi e giardini pubblici e privati del territorio. Si tratta di affrontare la questione con risolutezza, puntando per i prossimi dieci anni ad una vasta opera di progettazione consapevole. Alcune incaute scelte compiute nel passato hanno comportato la crescita di alberi in contesti poco idonei, si è ridotta la diversità di specie e si è mantenuto uno stile di potatura…lasciamo perdere…non è neppure definibile potatura. A Roma serve un vasto piano di forestazione (comprensivo di sostituzione di esemplari arrivati ormai a fine ciclo vitale). Lecci sughere roverelle ornielli biancospini bagolari aceri, tra gli altri, sono degli esempi di specie da riutilizzare nei vari contesti. Quanto alle potature degli alberi il tema andrebbe affrontato con determinazione impedendo capitozzature (taglio drastico dei cimali agli internodi) e rispettando l’architettura propria di ogni singola specie. Ogni potatura deve avere un progetto ed un obiettivo proiettato nel medio-lungo termine. Non esistono potature obbligatorie: crediamo in un approccio moderno, strategico, preventivo, che dia grande attenzione alle fasi giovanili di un albero impostandone la struttura al fine di proseguire negli anni a seguire con una gestione sicura che preveda interventi minimi. Bisogna partire con la messa a dimora di piante di alta qualità vivaistica e seguirne la crescita nei primi dieci-quindici anni per non avere problemi nei futuri cinquanta-cento anni. Nell’approcciarci alle alberature già adulte, spesso compromesse da potature sconsiderate, sbagliata progettazione e dalla mancanza di impostazione nei primi anni, è necessario avere come obiettivo centrale il miglioramento dello stato di salute delle piante, intervenendo quando necessario per diminuire il rischio di rottura dei rami e avvalendosi della collaborazione di tecnici qualificati per la valutazione del rischio rotture o ribaltamenti. Questo approccio si esalta nella collaborazione tra chi costudisce l’albero e chi è chiamato ad intervenire: ognuno deve sapersi prendere le proprie responsabilità sapendo che ci si trova di fronte ad un essere vivente i cui benefici sopra elencati che ci dona sono indissolubilmente legati al raggiungimento dei suoi bisogni in termini di volume di chioma e di spazio di accrescimento radicale.
Quanto agli arbusti, pensiamo che andrebbero reintrodotte siepi perimetrali ad alta funzionalità ecologica (pruneto spinacristi biancospini viburni lentischi terebinti), veri e propri corridoi ecologici utili anche per le loro ridotte esigenze di taglio. La reintroduzione di specie autoctone è auspicabile assieme all’utilizzo di specie resistenti alla siccità, tema centrale per tutta la città. Specie mellifere, efficaci per la schermatura dai rumori, con fioriture scalari. Per favorire una buona fertilità nei suoli è necessario dismettere l’inutile pratica della rimozione di lettiera. Le foglie cadute hanno una funzione nutritiva fondamentale, sono pacciamatura gratuita che può essere gestita senza compromettere la fruibilità di un giardino. La saggia progettazione unita alle buone pratiche sono un binomio da cui ripartire.
Tetti verdi, verde pensile
È dimostrato scientificamente quanto l’utilizzo di coperture verdi sugli edifici aiuti a tenere più freschi gli stessi durante le sempre più frequenti ondate di calore. I vantaggi sono importanti anche per trattenere le acque piovane, soprattutto in considerazione della quantità di mm di acqua che si riversano in città durante le famigerate bombe d’acqua. Una buona progettazione pensile può far risparmiare i costi annuali dei condomini. Molte città nel mondo si stanno dotando di servizi di questo tipo. A Roma siamo ancora indietro. Esistono soluzioni differenti ed efficaci per le varie situazioni, drenaggio ed isolamento, quantità di acqua necessaria, tipo di vocazione nella scelta delle specie. I tetti verdi sono il futuro, val la pena iniziare a progettarli.
Vogliamo provare a seminare buone pratiche, affinché questi appunti siano uno dei tasselli per la riconversione ecologica delle città, con l’auspicio che il verde ne sia uno dei punti fondamentali.